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La storia

Trastevere nella seconda metà dell’Ottocento

Alla seconda metà dell’800 risalgono iniziative che modificano profondamente la morfologia di Trastevere.

A Pio IX Mastai Ferretti ( pontificato 1846-1878) si devono varie iniziative:
– la Manifattura dei Tabacchi;
– il palazzo la cui facciata prospetta. su Piazza Mastai e mostra lo stemma del papa committente, opera dell’architetto Sarti;
– il quartiere Mastai (in via Mastai oggi via Merry Del Val) tra Santa Maria dell’Orto e via di San Francesco a Ripa con residenza e servizi per gli operai (nel 1950 la Manifattura si trasferì alla Garbatella, il vecchio edificio venne demolito e se ne costruì un altro, quello attuale, per la Direzione Generale dei Monopoli di Stato);
– la sistemazione dell’attuale via Garibaldi (1867) che rese più agevole la salita del Granicolo dal versante sud;
– su Viale Trastevere, al numero civico 46, è un villino con relativo giardino ubicato dove sorgeva l’area della stazione di testa del tronco ferroviario Roma-Civitavecchia nato sotto Pio IX (1856);
– migliorano le comunicazioni tra i rioni di Ripa e Trastevere grazie ad una passerella in ferro appoggiata sulle arcate superstiti di Ponte Rotto. Con Roma capitale fu trovata la soluzione definitiva di collegamento con la costruzione di Ponte Palatino.

Con Roma Capitale 1870

Dal punto di vista urbanistico, prima degli interventi di Roma Capitale, Trastevere era caratterizzata da una maggiore omogeneità, unitarietà, nel rispetto del tessuto antico, dell’antico impianto viario.
Con gli sventramenti, le demolizioni, i grandi assi stradali, Trastevere subisce un’alterazione della propria morfologia (così del resto gran parte della città che, capitale d’Italia, deve essere trasformata in una città moderna, degna di competere con le altre capitali europee).
Molto del tessuto edilizio venne cancellato dalle demolizioni per la costruzione dell’arteria principale del Rione, il grande Viale del Re (poi detto del Lavoro e infine di Trastevere). L’asse alberato sul modello dei boulevard parigino-piemontesi, collega le pendici sud-est del Gianicolo, vi si costruisce il monumentale Ministero della Pubblica Istruzione, viene dotato di una nuova stazione ferroviaria alla fine dell’asse viario, Piazza Flavio Biondo, a seguito della costruzione del nuovo tratto ferroviario Viterbo-Roma. Con i lavori di Roma Capitale e nel contesto del processo di laicizzazione del nuovo Stato italiano, la città vede la confisca di conventi e proprietà di comunità religiose. Con il passaggio al demanio statale si verifica un nuovo utilizzo degli edifici e delle aree confiscate, per esempio adibiti a caserme (il convento annesso alla chiesa di San Francesco a Ripa, con ampi orti, fu assegnato, dopo il 1870, alla Caserma dei bersaglieri Lamarmora).
Al n. 23 di via Anicia è la sede del reparto di polizia a cavallo.
Sempre con Roma capitale, Trastevere, situata sulla riva destra del fiume viene collegata alla città, in gran parte estesa sulla riva sinistra del Tevere, tramite tre ponti:

  • Mazzini

  • Garibaldi

  • Ponte Palatino

Vengono realizzati i muraglioni per risolvere drasticamente il problema delle secolari alluvioni, inondazioni disastrose per l’intera città.
Necessariamente tale impresa vede la cancellazione di chiese, ville, palazzi, porti ecc. che nel tempo erano sorti in prossimità delle due rive fluviali. Si assiste quindi alla scomparsa rapida dei mulini, alle demolizioni degli approdi piccoli e grandi lungo il fiume, la scomparsa dello scenografico Porto di Ripetta e la perdita dell’importante Porto di Ripa Grande.
Lo sviluppo delle linee ferroviarie rese antieconomici i trasporti marittimo-fluviali, specie delle gramaglie e dei vini, di conseguenza sembrando ormai soltanto decorativi e del tutto inutili, i due approdi, dotati di ampie scalinate, quello sotto l’Ospizio Apostolico di San Michele a Ripa e l’altro, Porto di Ripetta, di fronte al Ministero della Marina, furono eliminati.
Il Monopolio dei Tabacchi, voluto dal papa Pio IX aveva modernizzato già il quartiere a danno della chiesa Madonna dell’Orto. Di questo complesso infatti venne confiscato l’ospedale con l’attigua farmacia.
Per quanto riguarda l’edilizia scolastica, nel nuovo stato unitario, si sentì la necessità di dare alle scuole un ruolo istituzionale più rappresentativo e riconoscibile nella sua capitale moderna insieme a condizioni didattiche più adeguate.
Gran parte delle scuole furono ricavate da edifici già esistenti e quindi adattati ad una nuova funzione. Solo sette furono di nuova edificazione.
Nel 1885 l’assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Roma, Oreste Tommasini, nominò una Commissione dalla quale scaturì una relazione che diventò punto di partenza del piano di realizzazione di una moderna edilizia scolastica di Roma capitale. I nuovi edifici dovevano essere “i nuovi templi della moderna civiltà, dotati di ampie aule e locali adibiti ad attività specifiche: palestre coperte e all’aperto, aule per lavori manuali, per il disegno, giardini, cucina e refettorio, servizi igienici comodi e adeguati”. Le tre scuole, Regina Margherita, a Trastevere, Enrico Pestalozzi a Castro Pretorio e Vittorino da Feltre in via degli Annibaldi, riunivano per la prima volta asilo e scuola elementare con ingressi separati. L’orientamento delle aule sempre verso sud, aule rettangolari alternate e collegate ad uno spogliatoio indipendente, tre finestre per aula diventeranno carattere architettonico distintivo delle scuole romane, un ambiente separato per la palestra, il piano terra rialzato, le finestre ad arco con infissi in ferro. Nell’incisione di sinistra il 3 luglio 1888 la Regina Margherita inaugurava l’edificio scolastico a cui era stato dato il suo augusto nome.
Il Comune di Roma deliberò che fosse collocata questa scritta a ricordo del sovrano favore per l’educazione del popolo.

L’androne o atrio è particolare, esso presenta una cornice, un arco e una volta a botte (richiamo all’architettura romana).
La porta d’ingresso presenta una cornice sporgente.
Il lume che pende dal soffitto è in ferro lavorato ed è tipico del periodo umbertino. Il portone può essere definito anche portale perché imponente ed è originario del tempo.

La scuola R. Margherita

La scuola R. Margherita fu costruita a fine 800 su un terreno espropriato al monastero delle monache di S. Cecilia.
E’ la prima scuola costruita a Roma dopo l’Unità d’Italia.
Non è chiaro il motivo per cui la scuola fu voluta e realizzata proprio in quella zona: stupisce la sua ubicazione che sbarra la prospettiva alla chiesa Madonna dell’Orto il cui asse centrale risulta decentrato rispetto alla strada.
La scuola ha una forma un pò bizzarra perché alla grandiosità della facciata non corrisponde uno sviluppo equilibrato degli altri lati dell’edificio.
Esso è un blocco edilizio unico, compatto di aule e con i corridoi affacciati su piccoli cortili.
La scuola si sviluppa nel senso della lunghezza, presenta tre piani di cui l’ultimo è stato elevato in tempi più recenti (anni `50) ed è allineato con lo stile della scuola. I primi due piani presentano firiestre grandi che terminano a forma di arco.
Gli archi scaricano il loro peso su delle colorine che a primo piano hanno dei capitelli di stile dorico.
Nel secondo piano i capitelli sono invece di stile corinzio. Il basamento è realizzato in marmo travertino.
La superficie muraria è in finto marmo travertino in realtà è intonaco inciso a blocchi di color avorio.
Sul portale spicca uno stemma che riporta S P Q R (il senato e il popolo romano) sulla S si nota una piccola croce che indica lo stemma dei Savoia.
La corona sta ad indicare la monarchia.
Osservando ancora la facciata notiamo un cornicione che si può definire “aggettante” cioè sporgente che corre lungo tutta la superficie muraria.
Il cornicione a sua volta è retto da mensole che portano un motivo a dentelli (architettura classica).

L’atrio

Nell’atrio della scuola ci sono due incisioni su marmo.
Nell’incisione di destra leggiamo che il 5 dicembre del 1886 alla presenza del pro­sindaco di Roma Leopoldo Torlonia e dell’assessore per la Pubblica Istruzione Oreste Tommasini, la duchessa Eleonora Torlonia di Belmonte, poneva la prima pietra di questo edificio scolastico che venne portato a compimento il 30 aprile del 1888 e fu intitolato, per gentile concessione sovrana, alla regina Margherita. Costruttore. Angelo De Bonis Architetto. Gabriele D’Ambrosio Il costruttore era Angelo De Bonis inteso come colui che aveva la responsabilità del cantiere e dei lavori.
L’architetto era Gabriele d’Ambrosio cioè colui che aveva eseguito il progetto.

Margherita di Savoia storia di una regina

Margherita nacque a Torino nel 1851. ,

Figlia di Ferdinando di Savoia, duca di Genova e di Maria Elisabetta di Sassonia, fu destinata sposa a Umberto, principe ereditario e cugino del Re Vittorio Emanuele II. La giovane principessa, cugina di Umberto, aveva ricevuto un’educazione come si conveniva ad un membro della famiglia reale, dimostrando interesse per gli studi e propensione per le lingue straniere. Sul piano del carattere era istintivamente orgogliosa, consapevole del proprio rango ma priva di durezze comportamentali. Una profonda religiosità ne completava il tratto facendone una personalità adatta al ruolo di regina.
Le nozze con Umberto furono celebrate nel 1868 e da esse nacque,a Napoli, il futuro Re,Vittorio Emanuele III.
Nel 1871, quando giunse a Roma,la principessa trasformò il Quirinale in un luogo di incontri e di feste, attraverso i quali la nobiltà dapprima ostile ai Savoia, si accostò alla monarchia. Nella sala damascata di giallo, l’ultimo mercoledì di ogni mese, Margherita riceveva i principi stranieri, gli esponenti politici di maggior peso, i nobili, lì si ballava, si brindava, si conversava.
Nella sala degli specchi, una palma esotica si innalzava da una corbeille di legno scolpito e dorato, sempre colma di margherite e di viole che dava all’ambiente un senso di freschezza e di giovialità. La cucina veniva curata nei minimi particolari e la tavola reale acquistò presto la fama di essere la più raffinata d’Europa.
Una volta alla. settimana Margherita riceveva, nel suo salotto privato, gli artisti, musicisti, pittori e letterati, i viaggiatori stranieri illustri, riuniti per il buffet e le discussioni dotte. Margherita guidava la conversazione con elegante abilità mostrando un profondo rispetto per la cultura e per le persone che la rappresentavano. I concerti pianistici di Giovanni Sgambati diventarono il fiore all’occhiello del Quirinale.
Si andava diffondendo in Italia il ” margheritismo” e molti intransigenti repubblicani si convertirono alla monarchia. Lei sapeva come muoversi. Camminava tra la gente, ascoltava i discorsi delle donne per la strada, salutava con il famoso sorriso che incanterà Gabriele D’Annunzio.
Margherita si faceva portare, in carrozza, al Pincio, nelle ore di pieno passeggio e là rimaneva ad ammirare Roma ai suoi piedi, come facevano i romani.
Margherita donò alla monarchia un lustro nuovo, un tocco di eleganza che svecchiava le abitudini.
Il suo istinto alla comunicazione non si limitò solo agli ambienti aristocratici e principeschi, con altrettanta disinvoltura essa sapeva muoversi in mezzo al popolo. Diventati sovrani nel 1878, Margherita e Umberto, intrapresero un lungo viaggio per l’Italia portando anche il piccolo Vittorio Emanuele. Il viaggio fu un trionfo:
La Spezia, Torino, Venezia, Bologna, Firenze Foggia, Bari, Napoli, ovunque la folla accorreva per salutare il corteo reale.
In questi anni di regno, definiti “età umbertina”, la regina Margherita si conquistò le simpatie della maggioranza degli italiani attraverso le visite alle scuole, ai collegi,agli orfanotrofi, iniziative benefiche, inaugurazione di edifici pubblici o di strade, donazioni. Anche in occasione di calamità naturali la regina fu sempre presente, visitò gli ospedali, si intratteneva con i feriti, si recava nei quartieri più poveri. Nell’estate del 1884, a Napoli, durante l’epidemia di colera, Umberto visitò la città quando era ancora in pieno contagio, Margherita lo raggiunse nel mese di settembre e visitò il Lazzaretto della Madonna, il grande Lazzaretto della Conocchia e il Campo Vittorio e toccava senza i guanti le mani degli ammalati. Al passaggio dell’ostia consacrata si inginocchiò a terra con le donne del popolo e con loro seguì la processione fino al Duomo; portò doni agli orfani e organizzò raccolte di abiti e di giocattoli.
Anche quando si recava, nel mese di agosto, a Gressoney, in Valle d’Aosta,con suo marito Umberto,la regina non dimenticava i bambini poveri. Si preoccupava della loro educazione alla scuola del villaggio e organizzava spesso per loro merende e giochi.
“Ogni mensa abbia í suoi doni e ogni bambino la sua gioia” soleva dire la regina. Fortemente scossa dalla morte del marito, assassinato a Monza nel 1900, in un attentato, per rimettersi in salute, Margherita andò x Bordighera, a villa Etelinda dove fu accolta dai cittadini con grandi festeggiamenti. Lì, nella sua casa, cominciò ad invitare i cittadini più colti e le autorità del luogo.
Quando si sentì completamente ristabilita, ritornò a Roma ma il soggiorno a Bordighera le era rimasto nel cuore tanto che comprò Villa Etelinda con la grande proprietà annessa. Nel marzo dello stesso anno fece iniziare i lavori per la costruzione di Villa Margherita.
Nella villa di Bordighera, la regina trascorreva molto tempo in compagnia di gentiluomini e cavalieri. Ella si trasferiva in questa villa ai primi di maggio e vi restava quasi fino a dicembre. Aveva una vera passione per i fiori che collezionava nella sua villa.
Fu in questa villa che trascorse gli anni della prima guerra mondiale e fu proprio in questa villa che morì i14 gennaio 1926.
Al passaggio del corteo funebre che uscendo dalla villa della regina passò per la via che ancora oggi porta il suo nome, furono lanciati dai cittadini, dai tetti e dalle terrazze, centinaia di fiori.
La vita della prima regina d’Italia terminava così a Bordighera dove è possibile ammirare un monumento nei pressi della chiesa di Sant’Ampelio, eretto in suo onore. La sua salma fu tumulata accanto ad Umberto 1 nel Pantheon, a Roma.

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